Chi è El Zarco? di Ignacio Manuel Altamirano

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Frammento del romanzo di Ignacio Manuel Altamirano dove descrive il bandito che dà il titolo alla sua opera.

Era un giovane sulla trentina, alto, ben proporzionato, con la schiena erculeo e letteralmente ricoperto d'argento. Il cavallo su cui montava era un'acetosa superba, di buona statura, muscoloso, con un robusto incontro, con piccoli zoccoli, potenti anche come tutti i cavalli di montagna, con un bel collo e una testa intelligente ed eretta. Era quello che gli allevatori chiamano "cavallo da combattimento".

Il cavaliere era vestito come i banditi di quel tempo, e come i nostri charros, i più charros di oggi. Indossava una giacca di stoffa scura con ricami argentati, calzoni con doppia fila di “stemmi” argentati, uniti da catene e lacci dello stesso metallo; si coprì con un cappello di lana scura, a falde larghe e aperte, e che aveva sopra e sotto un largo e spesso nastro d'argento ricamato di stelle d'oro; La coppa rotonda e appiattita era circondata da un doppio scialle d'argento, su cui cadevano due piatti d'argento su ciascun lato, a forma di tori, che terminavano con anelli d'oro.

Indossava, oltre alla sciarpa che gli copriva il viso, una camicia di lana sotto il panciotto, e alla cintura un paio di pistole con il manico d'avorio, nelle fondine di vernice nera ricamate d'argento. Alla cintura era legata una "canana", una doppia cintura di cuoio a forma di cartuccera e riempita di cartucce di fucile, e sulla sella un machete con un manico d'argento inserito nel fodero, ricamato con lo stesso materiale.

La sella su cui montava era riccamente ricamata d'argento, la grande testa era una massa d'argento, così come le tegole e le staffe, e le briglie del cavallo erano piene di chapetas, stelle e figure fantasiose. Sopra il cowboy nero, il bel pelo di capra, e appeso alla sella, pendeva un moschetto, nel fodero anch'esso ricamato, e dietro la tegola si vedeva legato un grande mantello di gomma. E ovunque, l'argento: nei ricami sulla sella, sul pomello, sulle coperte, sulle screpolature di pelle di tigre che pendevano dalla testa della sella, sugli speroni, tutto. Era molto d'argento e lo sforzo di prodigarlo ovunque era evidente. Era un'esibizione insolente, cinica e insapore. La luce della luna faceva risplendere l'intero insieme e dava al cavaliere l'aspetto di uno strano fantasma in una specie di armatura d'argento; qualcosa come un picador di un'arena o un centurione eterogeneo della Settimana Santa. ...

La luna era allo zenit ed erano le undici di notte. L '"argento" si ritirò dopo questo rapido esame, ad un'ansa che verso il letto del fiume vicino a un bordo pieno di alberi, e lì, perfettamente nascosto all'ombra, e sulla spiaggia secca e sabbiosa, mise piede a riva. Slegò la fune, sganciò la briglia dal cavallo e, prendendola per il lazo, la lasciò andare un po 'per bere l'acqua. Soddisfatto il bisogno dell'animale, lo affrontò di nuovo e vi montò con agilità, attraversò il fiume ed entrò in uno dei vicoli stretti e ombrosi che portavano alla riva e che erano formati dalle recinzioni degli alberi del frutteti.

Camminò a passo e con modestia per alcuni minuti, fino a raggiungere i recinti di pietra di un vasto e magnifico giardino. Là si fermò ai piedi di un colossale sapote i cui rami frondosi coprivano come una volta l'intera larghezza del vicolo, e cercando di penetrare con lo sguardo nell'ombra densa che copriva il recinto, si accontentò di articolare due volte di seguito una specie di suono di appello. :

-Psst ... psst ...! A cui rispose un altro della stessa natura, dalla staccionata, su cui presto apparve una figura bianca.

-Manuelita! -disse a bassa voce l '"argento"

-Mio Zarco, eccomi qui! rispose una dolce voce di donna.

Quell'uomo era Zarco, il famoso bandito il cui nome aveva riempito di terrore l'intera regione.

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